“In coppia il tutto assume una dimensione ovviamente più intima. Non c’è il membro del gruppo da prendere bonariamente per i fondelli”
In coppia il tutto assume una dimensione ovviamente più intima. Con questo, senza tirare in ballo necessariamente le vasche private di una onsen, intendo dire che la scoperta, l’esplorazione da Indiana Jones armato di traduttore automatico e pocket wi-fi anziché di frusta e cappello, assume sembianze diverse. Non c’è il membro del gruppo da prendere bonariamente per i fondelli perché dorme sempre, ché le crisi di stanchezza in una coppia devi gestirle in modo differente. E lì, allora, è il ramen-ya incredibile in cui condividete, nell’ordine, un miso ramen celestiale dopo una giornata di scarpinate, sguardi stanchi ma felici, un silenzio rigenerante, che vi dà una sensazione difficile da spiegare. Pace interiore? Gioia? Un po’ tutte e due. Se il signore con la cravatta lì accanto la smettesse di fare tutto quel casino nel tirar su i tagliolini sarebbe pure meglio, d’accordo, ma non si può avere tutto nella vita. Avete il Giappone, l’amore e un ramen che cercherete invano per anni negli instant noodles di ogni marca e tipo, direi che può bastare.
Ma, se togli l’amore – poi oh, non è detto – lo stesso vale quando si è lì con un amico o un’amica. Non potendo ancora fondare un partito, e non dovendo raccattare chi è finito sul treno sbagliato e deve tornare indietro da Yokohama, in due si affronta una passeggiata per Tokyo con un altro spirito. Non sei parte di una banda di persone come te, siete solo in due, finite inevitabilmente per mescolarvi di più. Al flusso di persone, alla vita locale, alla città stessa, che tende ad assorbirvi e farvi sentire parte della sua oliatissima macchina umana in perenne movimento. In due ci sono le gag su chi deve ricordare all’altro di non toccare lo sportello posteriore automatico dei taxi, su chi deve svegliare l’altro e convincerlo che restarsene a russare una mezza giornata non sia in effetti una buona idea. In due si vedono più cose, perché due occhi non bastano al turista in Giappone per il suo primo viaggio. E quattro braccia sono comunque meglio di due, se il trolley al ritorno pesa quanto un bambino di dieci anni e non ce la fai a sollevarlo, ecco.
Resterebbe tutto il discorso del viaggio in solitaria, ma mi sono dilungato abbastanza, perciò facciamo magari che di quello vi parlo la prossima volta. Torno a vivere la mia quotidiana nostalgia per Tokyo, mata ne.