BRIGNOLES (Francia), 5 luglio 2009 – La notizia non è la vittoria di Mark Cavendish, la numero 14 sua e la numero 50 della sua squadra nel 2009. La notizia non è il secondo posto di Farrar, né il terzo di Feillu, né il quarto di Hushovd: tutta gente abbonata agli ordini di arrivo. La vera notizia è il quinto posto di Yukika Arashiro, dorsale 142, squadra francese (Bbox Bouygues Telecom), nazionalità giapponese.

PRIMI GIAPPONESI — Arashiro non è il primo giapponese al Tour de France: quello era Kisso Kawamuro, che partecipò alle edizioni 1926 e 1927, quando correvano “i forzati della strada”. Non è il più celebre: quello rimane Koichi Nakano, 10 volte oro ai Mondiali della velocità su pista (ininterrottamente dal 1977 al 1986). Non è mezzo italiano: quello si chiamava Daisuke Imanaka, e disputò il Tour del 1996 con la Polti. Non è neanche famoso come l’altro giapponese che corre il Tour: il cognome potrebbe sembrare sardo, Beppu, ma il nome chiarisce tutto, Fumiyuki. Però potrebbe entrare nella storia: come il primo giapponese ad arrivare a Parigi. Nessuno ce l’ha mai fatta, almeno dopo 3500 chilometri e più in sella a una bici.

EMIGRANTE DEL CICLISMO — Arashiro, 24 anni, è un emigrante del ciclismo. A differenza di chi emigra per sopravvivere, non è arrivato su un canotto, ma su un aereo, non con un sogno, ma con una promessa. “E’ da sette anni che vivo in Europa. Sono venuto qui su consiglio di un amico: ’Se vuoi diventare un corridore vero, devi andare là’. Forse aveva visto un film, o la tv, ma aveva ragione. Sono stato tre anni a Nogent-sur-Oise, ho corso in una squadra regionale francese e gareggiato in prove regionali e anche nazionali. Poi sono passato professionista in un club giapponese, Meitan Hompo, e in quella squadra ho vinto otto corse. La mia prima vittoria, in Europa, proprio in Francia, nel Tour du Limousin 2008. Tre stagioni alla Meitan Hompo, poi dal dicembre 2008 sono tornato in Francia con la Bbox Bouygues Telecom”. Arashiro si è integrato alla grande: “Passo metà anno in Francia e metà in Giappone. Ormai sono pronto a tutto: anche a bere un bicchiere di Cassis o mangiare un piatto di spaghetti”. Altra vita, d’accordo. “In Giappone abitavo in un’isoletta, Ishigaki, al sud del Paese, a tre ore di aereo da Tokyo. Lì c’era una grande passione per le bici. Anche mio padre era innamorato del ciclismo. E adesso praticano ciclismo anche i miei quattro fratelli. Ricordo che il mio allenatore, Ujima, mi giurava che un giorno sarei riuscito a venire a correre in Francia”.

CARATTERISTICHE — Ma il Tour era forse troppo, perfino per un sogno: “Non sono scalatore né velocista, ma un attaccante. Mi piacciono le salitelle, i mangia-e-bevi, anche il pavè. Ho vinto poco, ma mi considero un vincente. Forse perché vincere davanti a 200 corridori regala sensazioni indescrivibili”. Descrivere Arashiro è più facile: giapponese come un cartone animato, capelli neri lisci e lunghi per essere un corridore, fidanzata al seguito (almeno fino a Montecarlo, poi liberi tutti), il suo team manager Jean-René Bernaudeau garantisce che “siamo sempre alla ricerca di novità, e Arashiro può rappresentare l’apparizione di un ciclismo emergente”.

Fonte GAZZETTA.IT

Tommaso In Giappone
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